23 maggio 2011 - 22:02

La logica e il teatro

Non è un quesito vero e proprio...sono alcune considerazioni sulla logica nel teatro. Con alcune domande per voi.

Dunque: come affermava O. Wilde : " Chi dice la verità, prima o poi viene scoperto ".

Chi mente, invece, può sperare di farla franca. Soprattutto se lo fa apertamente come il teatro, che almeno nella forma classica non solo non nasconde le sue menzogne, ma le dichiara esplicitamente: spengo le luci, apro il sipario, gli attori recitano truccati e mascherati....

Tutti questi artifici mirano a separare la sala dal palcoscenico, il pubblico dagli attori, la realtà dalla finzione e dichiarano continuamente: " Tutto ciò che vedete e sentite è falso ".

Naturalmente chi dice di mentire non mente, perchè altrimenti direbbe la verità.

Ma non dice neppure la verità, perchè altrimenti mentirebbe.

Dunque il teatro non dice né il vero né il falso. Manifesta piuttosto un paradosso.

PRIMA DOMANDA: Di quale paradosso storico si tratta ? ( Leggete bene le righe precedenti...c'è gia l'indizio ),

L'affinità che il teatro esibisce con il paradosso non deve sorprendere: se esso è una metafora dei vari aspetti della vita, perchè non potrebbe esserlo anche di quelli logici?

La separazione tra attori e pubblico si può interpretare come la separazione tra linguaggio e metalinguaggio: si recita ad un livello, si comprende e si interpreta ad un altro livello.

E in ogni momento è necessario sapere esattamente a che livello ci si trova. La confusione dei livelli può portare al fraintendimento o a un diverso tipo di teatro.

Penso al teatro dell'assurdo anche se dal punto di vista logico la sua paradossalità rimane tutta interna , deriva cioè soltanto dal contesto linguistico.

Mi sembrano invece più interessanti i paradossi che nascono dall'esplosione o dall'implosione dei ruoli e dei luoghi, di attori e palcoscenico da un lato,spettatori e sala dall'altro.

Esplosione: consiste nell'inserire all'interno dell'opera un richiamo all'opera stessa provocando così un regresso infinito analogo a quello del paradosso di Achille e la tartaruga. Meglio ancora al paradosso della mappa di Royce

SECONDA DOMANDA : Cosè la mappa di Royce?

L'esempio più noto di esplosione è l'Amleto di Shakespeare nel quale a un certo punto si mette in scena una tragedia che è pressapoco quella dell'Amleto, che deve contenere un Amleto nell' Amleto, che deve contenere un Amleto nell'Amleto nell'Amleto...

Il trucco è vecchio: nell' Iliade Elena ricama una veste di porpora che rappresenta la storia dell' Iliade.

Nel capolavoro " Le mille e una notte " Sherazade racconta in una delle famose notti una storia che è la stessa delle Mille e una notte.

TERZA DOMANDA : sai trovare altri esempi in letteratura o nel teatro di logica esplosiva?

Al contrario il teatro si può far implodere fino a farlo ripiegare su se stesso: facendolo cioè parlare di se stesso. L'esempio moderno più noto è  sicuramente " Sei personaggi in cerca di autore " di Pirandello.

QUARTA DOMANDA: ci sono altre opere teatrali di Pirandello di teatro implosivo?

Esempi analoghi si possono trovare in tutte le arti:in letteratura per esempio se pensiamo ai personaggi della seconda parte del Don Chisciotte che hanno letto la prima, in musica nel Don Giovanni di Mozart e...

QUINTA DOMANDA: in pittura?

SESTA DOMANDA : nel cinema?

Un altro tipo di implosione consiste nel fare invadere la platea dalla scena o la scena dalla platea ( una parte della produzione di Dario Fo ne è un esempio ).

Già Aristofane in Grecia e Plauto a Roma facevano rivolgere gli attori direttamente al pubblico e talvolta facevano partecipare il pubblico alla scena, sia indirettamente ( il coro ) si direttamente ( paràbasi ).

Questa interattività ( discesa degli attori nel pubblico/ salita del pubblico in scena ) smaschera la finzione scenica e abolisce la distanza dei livelli.

Nel cortocircuito dei livelli il teatro e la logica trovano un punto di incontro che scatena il sorriso tipico dei paradossi.

E siccome senza sorriso la vita sarebbe più dura, rendiamo grazie al teatro...e alla logica.

Basta...forse ho scritto troppo. Stop.

Buona settimana a tutti!!!!!

 

Alors... iniziamo con la prima domanda: credo che il riferimento sia al famoso paradosso del mentitore, che è stato formulato in modi diversi nel corso della storia. La versione che mi piace di più, forse per la sua immediatezza, è quella di Eubulide di Mileto, il quale afferma: "io sto mentendo". Il paradosso è evidente: se lui sta effettivamente mentendo, la sua affermazione diventa vera, mentre se sta dicendo il vero la sua affermazione diventa falsa... un bel rompicapo!

Passiamo alla seconda richiesta: che cos'è la Mappa di Royce. Mi viene quasi il sospetto che la domanda sia stata formulata apposta per me... un po' come i programmi in Pascal per Marta ;) Tornando a noi, la mappa di Royce è un "paradosso" basato sull'autoriferimento e sul regresso all'infinito. E' quasi più difficile darne una definizione che neanche capirne il meccanismo. La formulazione che Royce stesso dà è la seguente: "Immaginiamo che una porzione del suolo d'Inghilterra sia stata livellata perfettamente e che in essa un cartografo tracci una mappa d'Inghilterra. L'opera è perfetta; non c'è particolare del suolo d'Inghilterra, per minimo che sia, che non sia registrato sulla mappa; tutto ha lì la sua corrispondenza. La mappa, in tal caso, deve contenere una mappa della mappa, che deve contenere una mappa della mappa della mappa, e così all'infinito". 

Per quanto riguarda gli altri esempi di logica esplosiva e, in particolare, con riferimento alla Mappa di Royce, non posso che pensare a Borges: "Del rigore della scienza", uno dei racconti contenuti nell'Artefice, si basa proprio su questo procedimento. In un Impero, l'arte della cartografia è così precisa che la mappa di una provincia occupa un'intera città, e quella dell'Impero un'intera provincia. Con il passare del tempo, i cartografi tracciano una mappa dell'Impero che uguaglia in grandezza l'Impero e che coincide puntualmente con l'Impero stesso. Morale: la mappa è dimenticata e ne rimangono solo frammenti nei luoghi meno frequentati, uniche reliquie della gloria dei Cartografi dell'Impero. Qui è evidente il riferimento a Royce, anche se l'esito a cui approda Borges è surreale, quasi esilarante.

Dedicato a quest'argomento è anche il racconto di Borges "Magie parziali del Don Chisciotte", in cui l'autore si interroga proprio sulla logica esplosiva: "Perchè ci inquieta il fatto che la mappa sia compresa nella mappa e le mille e una notte nelle "Mille e una notte"? Perchè ci inquieta che don Chisciotte sia lettore del "Don Chisciotte", e Amleto, spettatore dell'"Amleto"? Credo di aver trovato la causa: tali inversioni suggeriscono che se i caratteri di una finzione possono essere lettori o spettatori, noi, loro lettori o spettatori, possiamo essere fittizi".

Basta... forse (come lei) ho scritto troppo. Stop.

Lascio all'esperto Filippo il compito di rintracciare gli esempi nell'ambito cinematografico...

Alexandro Jorge Luis Funes Menard... Ceres

io mi permetto solamente di intrufolarmi in questo circolo matematico e logico per rispondere velocemente alla domanda 5.

l'esempio più famoso di quadro nel quadro, che rispecchia la logica implosiva è sicuramente " las meninas" di Diego Velasquez (1599-1660)

per i pochi( spero!) che non conoscono la tela: http://www.pasolini.net/velazquez-las-meninas.jpg

nel quadro si assiste ad un cambiamento del punto di vista: solitamente la tela ritre ciò che viene visto dal pittore; in questo caso, tuttavia, il punto di vista è quello di chi è dipinto, cioè i coniugi della famiglia reale spagnola. Attraverso lo specchio posto sulla parete di fondo vengono riflessi Filippo IV e sua moglie Marianna d’Austria. 

A questo capolavoro sono legati molti aneddoti e interpretazioni; cito solo le principali.

 

Per la prima volta di fronte a questo dipinto, lo scrittore e critico francese Thèophile Gautier (1811-1872) pare abbia esclamato: “ Dove è il quadro?”. Con questa domanda egli voleva evidenziare la sensazione di trovarsi al centro del quadro stesso, di essere lui stesso il soggetto del quadro. Tale domanda era determinata dagli sguardi dei personaggi rappresentati da Velasquez che sembrano quasi fissare lo spettatore

Anche il filosofo francesce Michel Foucault (1926-1984) osserva come l'osservatore è legato alla rappresentazione dallo sguardo dell'artista, anzi lo spettatore sembra partecipe alla tela: il pittore osserva un punto invisibile, fuori dalla rappresentazione, che è lo spettatore stesso. Ma questo punto rimane invisibile allo spettatore perché esso non viene rappresentato nel quadro ( lo specchio rimanda, appunto, a questa invisibilità di ciò che il pittore osserva).

Insomma quella di Velasquez sarebbe una meta-pittura, egli “ dipinge la pittura ”Tale analisi rientra nella ricerca messa in atto dal filosofo di una nuova epistème, che metta al centro dell'opera d'arte il pubblico e non la tela.

 

"I bravi pittori sono stupidi, ad eccezione di Velàzquez che era un genio" (Salvator Dalì)

 

Altri esempi di pittura nella pittura sono "Lo studio dell'artista" di Jan Vermeer (1632-75) http://cache2.allpostersimages.com/p/LRG/14/1454/6WPR000Z/posters/verme…

qui lo spettatore è alle spalle dell'artista e sembra quasi sbirciare la scena da dietro una tenda.

 

l'ultimo mio appunto( poi giuro chiudo il commento) riguarda un possibile esempio di "pittura esplosiva";

sto pensando ovviamente ai numerosi quadri di Renè Magritte, primo tra tutti " le passeggiate di Euclide" http://www.marcomarcucci.com/MAGRITTE/OPERE-MAGRITTE/Le%20passeggiate%2…

 

Splendidamente bravi! Complimenti a voi ed al docente che con i suoi input sa "scatenare" tali soluzioni nel più vasto ambito del sapere intrecciando i diversi ambiti disciplinari: separare per analizzare e ricomporre per capire... Affascinante. Continuate così!

Un cordiale saluto

R. Romana Marchetti

Presentandomi a tempo scaduto, da vero Snob, rispondo al quesito 6, quello riguardante il cinema in relazione alla tecnica pirallendiana di "teatro implosivo" e "esplosivo".

L'esempio che propongo è quello di uno dei film più importanti di uno dei registi più importanti nella storia del cinema italiano (e mondiale, of course): 8½ di Federico Fellini.

La genesi di quest'opera è davvero curiosa e del tutto singolare. L'ultimo film che il Maestro aveva girato prima di 8½ era La dolce vita, seguito poco dopo da un cortometraggio (Le tentazioni del dottor Antonio): dopo la loro realizzazione, il regista pensa alla trama che dovrà avere il prossimo film, ma in testa ha solo una gran confusione. Tutto è pronto per iniziare le riprese: attori, produzione, persino il titolo (che sta a indicare il numero da attribuire al film che scaturisce dalla somma del numero di lungometraggi e cortometraggi precendenti): l'unica cosa che manca è...il film, appunto. Fellini è disperato, sta per mandare tutto a monte con una lettera al produttore, gli vuole dire che non se ne fa più niente, che ha intenzione di sospendere le riprese, quando, inaspettatamente, viene invitato a festeggiare il compleanno di un macchinista di Cinecittà: dopo il brindisi e dopo gli auguri per il film che doveva ancora nascere (ma che non sarebbe mai nato), seduto da solo su una panchina davanti al teatro di posa, ha un'improvvisa e geniale illuminazione: il film parlerà proprio del film che non c'è più. Mi spiego meglio: in 8½ Fellini racconta di un regista (Guido Anselmi) che si trova in preda ad una totale crisi creativa ed esistenziale; nonostante tutto sia effettivamente pronto per fare questo film, lui non si ricorda più la trama, non vuole mai cominciare, ha paura, continua a scappare.. In questo senso è un esempio di "rappresentazione implosiva": Fellini decide di mettere tutto sè stesso sulla pellicola, raccontando una storia al centro della quale sta il cinema stesso.
C'è una scena che, sempre da questo punto di vista, è particolarmente curiosa e affascinante: sto pensando alla sequenza dei provini, in cui il protagonista (il regista Guido Anselmi, cioè Federico Fellini) si trova nella sala di proiezione con il produttore e i collaboratori per visionare i provini che aveva registrato nei mesi precedenti. Nella sala è presente anche la moglie (Luisa, cioè Giulietta Masina) e nel momento in cui è proiettata la registrazione del provino di un'attrice che avrebbe dovuto interpretare la moglie del regista nel film girato da Guido (regista che a sua volta avrebbe dovuto girare un film in cui un regista bla bla bla..) Luisa scopre quali sono i dubbi e i pensieri del marito Guido grazie alla parte che egli fa recitare all'attrice: stavolta si tratta invece di un esempio di "cinema esplosivo", dello stesso tipo di Amleto.
Pertanto, penso che si possa parlare di una sorta di rappresentazione esplosiva contenuta in una grande rappresentazione implosiva: è chiaro che ci troviamo di fronte ad un'opera unica, straordinaria, geniale.

Credo di essere stato sufficientemente chiaro nella prima parte, temo di essere stato piuttosto confusionario nella seconda. Per capire davvero bisognerebbe ritagliare 8 minuti e 30 secondi e guardare questo meraviglioso estratto di 8½:
http://www.youtube.com/watch?v=ro0T44ow0MU
anche se in realtà sarebbe molto meglio vedere il film per intero.

Un saluto al professor Macchi, che ringrazio per avermi fatto scoprire quest'uomo straordinario, di cui prima ignoravo completamente l'esistenza, ma che, subito dopo, mi sono reso conto di amare.

Lo Snob.