27 febbraio 2006 - 12:29

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Daniela Carioli

Nello ‘Statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria’ leggiamo: “La scuola è una comunità di dialogo, di ricerca, di esperienza sociale, informata ai valori democratici e volta alla crescita della persona in tutte le sue dimensioni”.

È esattamente questo il principio per cui una trentina di studenti si sono impegnati fin dall’inizio dell’anno per organizzare la cogestione edizione 2006. L’obiettivo è sfruttare i quattro giorni concessi al progetto (14-15-16-22 febbraio 2006) per dibattere su temi d’attualità, extra-curricolari, ma fondamentali per la nostra educazione: finanza etica, violenza, problema energetico e molti altri. Insomma cogestione non è, almeno nelle nostre intenzioni, sinonimo di ‘perdere quattro giorni di scuola per giocare a carte o stare a casa a dormire’: è, invece, informarsi sul mondo che ci circonda, approfondire le nostre conoscenze, è ascoltare le idee degli altri, far valere le proprie, confermarne alcune o cambiarne altre. Ma è anche imparare a organizzare la gestione di un’iniziativa che coinvolge circa ottocento studenti e imparare a ‘sapersi gestire’.

Questo punto è fondamentale. Se ne sentono infatti di tutti i colori sulla ‘cogestione’ che ogni anno, nella maggior parte degli istituti secondari superiori, gli studenti organizzano, o almeno provano ad organizzare. Innanzitutto l’errore più comune è quello di confondere la cogestione con l’occupazione o l’autogestione. Spieghiamo in sintesi. Cogestione significa gestione della scuola da parte di studenti e docenti. S’intende dunque che c’è un accordo di collaborazione ‘pacifica’ tra le due parti. Nonè occupazione, né autogestione (che significa gestione dell’istituto dei soli studenti). Queste due forme si sono infatti dimostrate spesso ingestibili da parte degli studenti, perché è capitato che si verificassero episodi spiacevoli, protagonisti alcuni studenti (pochi, ma ci sono stati) incapaci di mantenere un comportamento civile e rispettoso nei confronti dei compagni e del personale scolastico. La collaborazione con gli insegnanti nasce quindi dalla necessità di evitare che la situazione sfugga di mano, cioè che la cogestione, smentendo se stessa, si possa trasformare in un’esperienza negativa e non costruttiva come invece dovrebbe essere. D’altra parte gli stessi obiettivi dell’iniziativa non prevedono scontri se non ‘scontri verbali', cioè dibattiti.

Certo è che la cogestione nasce come momento degli studenti per gli studenti. Per questo il comitato organizzativo ha deciso di suddividere i primi tre giorni in due parti: la prima dedicata al dibattito nelle classi, abbinate a due a due, con la presenza di relatori/mediatori (studenti) che controllino e stimolino la discussione. La seconda parte, invece, dedicata a corsi di vario genere organizzati dagli studenti stessi, da ex-studenti, da docenti e da esperti esterni alla scuola: corsi legati allo sport, alla musica, all’arte, dibattiti, visione di film in italiano o in inglese.

L’ultimo giorno, il 22 febbraio, sarà dedicato in parte alla discussione su argomenti differenziati per fasce d’età, in parte all’analisi degli esiti della cogestione stessa. I primi servono per mettere direttamente a confronto idee e opinioni tra coetanei, oltre che per conoscersi meglio; i secondi servono per concludere l’iniziativa e, come speriamo, dimostrarne l’utilità.

Per noi e per tutti coloro che hanno sostenuto l’iniziativa (Preside, docenti, genitori), infatti, cogestione è sinonimo di esperienza di crescita individuale. Questo è, però, possibile solo se la “collaborazione” coinvolge tutti i partecipanti, cioè se tutti condividono gli obiettivi del progetto.

(articolo pubblicato su "Il Galileo" di febbraio 2006 - "Popolo Cattolico" del 18 febbraio 2006)

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