30 maggio 2006 - 13:14

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Jonas F. Erulo

In quattro anni non sono riuscito a conoscere il mio preside, per me comunque una figura relativamente lontana – anche se poi era probabilmente dietro ad ogni mio momento a scuola. Non potrei parlare di lui più di tanto, se non riferendo cose già dette.

Mi ha interrogato però la quasi contemporanea fine della sua vita nella scuola e di quella in mezzo a noi. La fine di un lavoro e la fine di una vita.

In tempi di precariato e di ‘tempo libero’, in cui cioè diventa difficile unlavoro che esprima ciò che abbiamo di più nostro e si vive l’impegno lavorativo come una tassa da pagare per avere i mezzi per realizzarsi altrove, questa coincidenza ci spinge a considerare quanto il lavoro sia una parte fondamentale della nostra vita, nella quale si realizza e realizza del nuovo tutta la nostra persona. Nel nostro lavoro vive e si esprime una parte unica di noi; il lavoro è completamento della nostra umanità e della nostra personale individualità e libertà creativa. Nel nostro Liceo, di cui ilprof. Erbetta è stato padre, ha trovato casa innanzitutto una parte di lui, e solo questa presenza ha permessoi venti... anni di storia successivi.

Ma c’è anche una vita vissuta per il lavoro. Tempo, energie, intelligenza, pazienza, relazioni messi al servizio di un progetto. E non è affatto secondario che questo progetto sia l’educazione, per la quale vale ogni sacrificio.

Come preside, al vertice del servizio alla scuola, Nazario Erbetta ha svolto un lavoro che è vita e dà vita.La Scuola pubblica è luogo di crescita della persona, dell’intelletto, del cittadino e così la base della crescita della civiltà, della cultura e dello Stato. Dalla scuola viene la prima cultura (che è studio, ricerca, impegno, tradizione, conoscenza, scienza) fattore fondamentale per l’umanizzazione della terra e della comunità di cui si è parte e che fa emergere i valori fondanti la dignità di ogni singolo. Anzi, è la scuola il luogo in cui in modo più profondo si costruisce la continuità fra la vita del singolo e lo Stato: da una sana scuola nasce uno Stato che sia espressione e tutela delle persone che lo compongono e non un elemento ad esso estraneo e forse ostile. Con la scuola pubblica è poi difesa l’uguaglianza dei cittadini, non l’uguaglianza delle prospettive, ma l’uguaglianza delle condizioni di partenza e degli strumenti per realizzare la propria libertà.

Con il suo impegno lavorativo il preside Erbetta non ha che semplicemente vissuto questa consapevolezza, nella materialità e quotidianità che richiede l’amministrazione e la cura di una scuola.

Lui ha fatto la sua parte, e fatta la sua parte è andato. A noi suoi studenti tocca ora rispettare il suo lavoro, riconoscendo il privilegio che è avere una scuola pubblica e mettendo a frutto nella società e nella vita quello che la nostra e sua scuola ci ha dato.

Pensando a questa vita che ha fatto nascere il nostro Liceo, che l’ha accompagnato oltre la maggiore età e che, allontanatasi da esso, si è spenta.

(articolo pubblicato su "Il Galileo" di maggio 2006 - "Popolo Cattolico" del 20 maggio 2006)