Pubblicato più di un anno fa

di Francesca Villa
Elena Rausa, milanese, insegnante, mamma, scrittrice all’occorrenza e amante delle cose belle, ha scritto il suo primo romanzo, Marta nella corrente, che a noi studenti della 4a D ci è stato proposto come lettura all’inizio dell’anno con l’allettante clausola dell’incontro con la scrittrice. Occasione da non perdere per noi bravi studenti di quarta liceo che, pur di saltare qualche ora di lezione, venderebbero anche la loro anima.
Il libro tocca temi drammatici come la Shoah, la Resistenza al Nazifascismo in Italia, ma parla anche del trauma della sopravvivenza, della perdita di una madre, del silenzio, della memoria e della rinascita. Duecentosettanta pagine di pugni allo stomaco e di emozioni forti, che conquistano il lettore costringendolo a immedesimarsi nelle storie delle due protagoniste, che un po’ ci riguardano tutti. Inutile dire che lo si manda giù in un boccone.
L’incontro con la scrittrice era fissato per venerdì 27 novembre e ovviamente ognuno di noi si è preparato come da copione: uno strato di prevenzione e di crudeltà adolescenziale che farebbe tremare anche il più audace degli eroi. Fortunatamente però Elena non si è lasciata intimorire ed è riuscita fin dai primi istanti a conquistare anche gli animi più restii. La timidezza generale si è sciolta in poco tempo, lasciando il posto all’ammirazione e allo stupore: non capita tutti i giorni, infatti, di avere di fronte una persona con la passione negli occhi e la voglia di condividerla. Dopo una breve introduzione sulla sua vita e quella di Luciana Nissim, musa ispiratrice del suo libro, per l’ora e mezza successiva l’autrice ha divagato su argomenti di ogni tipo: si è parlato di scrittura, dei grandi della letteratura e di uomini di storia, si è parlato del male, della complessità della realtà, dell’insensatezza del mondo e perfino di amore. Praticamente tutti quelli che si aspettavano due ore di discussione su un libro sono stati invece svegliati da una doccia fredda di realtà. Elena è riuscita a toccare tasti precisi e spesso dolorosi che hanno costretto ognuno di noi a fermarsi e ad aprire gli occhi, il tutto con una semplicità travolgente.
Mentre impazzano i festeggiamenti per la vittoria dell'Italia ai Mondiali di calcio del 1982, a Milano un'auto sbanda lungo un viale alberato e va a sbattere. L'uomo al volante e la donna al suo fianco muoiono sul colpo. Marta, la bambina di sette anni della donna, la sta aspettando a casa. Nonostante l'ispettore Zandonà non ci metta molto a rintracciare Aldo Fantini, il nonno della ragazzina, la faccenda appare subito più complicata del previsto. L'uomo, infatti, non parlava con la figlia da più di dieci anni e non sapeva neppure di avere una nipotina. Perciò, quando incontra Marta, barricata dietro a un mutismo doloroso e insondabile, capisce di non poter far altro che lasciarla nelle mani di un'esperta e aspettare. Emma Donati, la psicologa che prende in custodia Marta, ha chiaro sin da subito che deve aiutare la bambina ad accettare la morte dei propri genitori e a liberarsi dai sensi di colpa. Ma più Emma si avvicina a Marta e si addentra nella sua vita - riportando alla luce dettagli di una storia familiare segnata dal dolore e dall'incomprensione - , più la psicologa sente tornare a galla quel passato personale che aveva nascosto nel punto più profondo di se stessa. E quando finalmente si sentirà pronta a ricordare gli anni passati come prigioniera ad Auschwitz e quelli trascorsi isolata dal mondo e dalle proprie emozioni, capirà di poter essere la madre di cui Marta ha tanto bisogno.