Dante e Euclide....in Paradiso.
Dante nel Paradiso mette in verso due teoremi degli Elementi di Euclide.
Sai citarli?
Sai trovare i versi del Sommo poeta relativi a tali teoremi ?
Vedete...anche la Matematica può essere tradotta in poesia...perché la matematica è poesia.
Premetto che ,avendomi interessato l'argomento, ho fatto una ricerca sul libro del paradiso che ho qui a casa.
Detto ciò cominciamo: Dante, come risaputo, nella sua vita non si occupò solamente di poesia. Infatti il sommo poeta si interesso di filosofia( cosa che lo portò a smarrire la "retta via") e di scienze mediche. Dante era iscritto all' "Arte dei medici e speziali" che a Firenze nel 1200 era una delle sette arti maggiori. I medici del tempo basavano le loro conoscenze su filosofia e astrologia cosa che li portava a essere conoscitori di scienze quali quelle geometrico matematiche. Il nostro caro poeta fa tesoro di queste conoscenze e con una rigida struttura geometrica crea il paradiso.
I maggiori riferimenti alla geometria Euclidea sono tre e si trovano rispettivamente nei canti:
-XVII in cui il poeta incontra Cacciaguida un suo trisavolo il quale annuncia a Dante il suo esilio.
"«O cara piota mia che sì t’insusi,
che, come veggion le terrene menti
non capere in triangol due ottusi,
così vedi le cose contingenti
anzi che sieno in sé, mirando il punto
a cui tutti li tempi son presenti;”
(Par. XVII vv. 13-18)
Fornisco due note di parafrasi utili per continuare: "Piota" è di fatto la pianta del piede, cioè metafora per radici cioè antenato mentre "t'insusi" vuol dire ti innalzi. Dante conferisce al suo antenato capacità di preveggenza del quale è totalmente sicuro poichè "come veggion le terrene menti non capere in triangol due ottusi, così vedi le cose contingenti". Dante chiaramente cita il quinto postulato di Euclide il quale afferma che: "la somma degli angoli interni di un triangolo è pari a un angolo piatto" e riformulato in chiave moderna come: "per un punto fuori da una retta passa una ed una sola retta parallela alla retta data". La negazione di tale principio porta alle formulazione dele geometrie non euclidee.
-XII in cui il poeta incontra il dottore della chiesa San Tommaso D'Aquino il quale cercando di dissipare i dubbi di Dante così parla:
“Non ho parlato sì, che tu non posse
ben veder ch'el fu re,che chiese senno
acciò che re sufficiente fosse;
non per sapere il numero in che enno
li motor di qua sù, o se necesse
con contingente mai necesse fenno;
non si est dare primum motum esse,
o se del mezzo cerchio far si puote
triangol sì ch'un retto non avesse.”
(Par. XII vv. 94-102)
qui Dante enuncia il problema se sia possibile o meno inscrivere in una semicirconferenza un triangolo non rettangolo che è dimostrabile secondo le regole euclidee.Ricordando il teorema che afferma che un angolo alla circonferenza è la metà dell'angolo al centro che insiste sullo stesso arco di circonferenza se costruiamo un triangolo ABC in una semicriconferenza l'angolo alla circonferenza sarà la metà dell'angolo al centro che però, nel nostro caso, è un angolo piatto dovendo noi inscrivere il triangolo nella semicirconferenza: da ciò non possiamo inscrivere nella semicirconferenza un triangolo che non sia rettangolo.
-XXVIII questo riferimento dei tre è il meno evidente. Nella descrizione della figura divina Dante così si esprime:
" Un punto vidi che raggiava lume
acuto sì,che'l viso ch'elli affoca
chiuder conviensi per lo forte acume;"
(Par XXVIII vv. 16-18)
Qui Dante definisce Dio come punto recuperando così il concetto euclideo di punto geometrico.
spero di essere stato completo nella risposta.