Pubblicato più di un anno fa

di Matilda Rotta
Ciao a tutti! Probabilmente non vi importerá nulla di questo articolo, né tantomeno di chi io sia, o di cosa abbia combinato per finire sulla home page del sito scolastico. Tuttavia, se siete arrivati fino a qui vuol dire che forse in fondo ho catturato la vostra attenzione e vi ho convinto a proseguire. In tal caso, mettetevi comodi, perché ho una breve fantastica storia da raccontare.
Sono una normalissima studentessa del liceo Galileo Galilei, all'inizio del suo quarto anno. Finora nulla di speciale, giusto? Il "problema" é che se mi cercaste in classe o nei corridoi durante l'orario di lezione non mi trovereste, e nemmeno se veniste a bussare alla porta di casa mia. In questo momento, infatti, non sono nel Bel Paese, bensì nella magica terra della Malesia. Ho infatti scelto di frequentare l'intera quarta all'estero, e sono partita alla volta di questo incredibile paese il 28 luglio 2016. Ma andiamo con ordine. Innanzitutto, dove è la Malesia? Non ve ne farò una colpa se non ne avete la più pallida idea, perché vi confesso che quando ho saputo che sarei partita, nemmeno io ero a conoscenza di dove esattamente fosse (geografia portami via). Ebbene, la Malesia si trova nel Sud Est asiatico, proprio sotto la Thailandia e vicino all'Indonesia. Decisamente meno conosciuta della vicina Singapore, questa affascinante terra è costituita da un mix di tre razze e culture principali, le quali molto spesso si fondono fra loro: malese, cinese ed indiana. La famiglia che mi ospita appartiene a quest'ultima, in particolare all'etnia Tamil, e ho avuto modo di conoscere ragazzi e ragazze anche delle altre due. La lingua parlata più diffusa é il malese, ma l'inglese e il manglish (unione di queste ultime) sono largamente utilizzate, così come il cinese mandarino ed il tamil. Ed è proprio questo uno dei motivi principali che mi ha spinto a scegliere un paese tanto inusuale quanto misterioso: per avere la straordinaria possibilità di immergermi in un ambiente completamente nuovo, ricco di differenze linguistiche e culturali anche fra la stessa popolazione.
La religione ufficiale é l'Islam, seguita da buddismo, cristianesimo ed induismo. Ho iniziato a frequentare la scuola una settimana dopo il mio arrivo nella cittá di Klang, nella regione del Selangor (a circa 40 minuti dalla capitale Kuala Lumpur). In Malesia la disciplina è un valore fondamentale, specialmente in ambito scolastico, pertanto le regole non sono di certo una cosa che manca: tre uniformi diverse, calzini e scarpe obbligatoriamente neri (il colore varia da scuola a scuola), capelli lunghi raccolti in una coda con elastico di colore scuro, unghie corte, contatto fra ragazze e ragazzi limitato, saluto collettivo ogniqualvolta i docenti facciano il loro trionfale ingresso nell'aula e così via.
Sono passati solo due mesi, eppure sento già di essere cresciuta, in qualche modo. Ora che ho ben tre fratellini a cui badare e che mi trovo qui senza famiglia biologica percepisco sulle mie povere spalle il pesante fardello di responsabilità che non avevo mai considerato prima d'ora, ma il fatto non mi dispiace. Ogni exchange student viene posto di fronte a delle sfide non indifferenti per chiunque, non solo a causa della giovane età. E le sfide in questione lo costringono, piano piano, a diventare un adulto, a guardare problemi da una prospettiva più ampia, diversa, perchè adesso un po' diversi lo si è diventati.
Tengo superfluamente a specificare che, nonostante le mie parole rendano solo in minima parte ciò che sto vivendo ogni giorno, non è tutto rose e fiori, ed il cambiamento è spiazzante, almeno per la prima settimana, nel mio caso soprattutto, ahimé, dal punto di vista culinario, dato che utilizzare l'aggettivo "piccante" per descrivere il cibo tipico sarebbe un eufemismo. Dopo qualche tempo, però, superate le fasi dell'accettazione e quella che ho personalmente ribattezzato "perché sono qui", comincia l'inizio dell'ambientamento. La strada non è tutta in discesa, eppure quando si inizia a prenderci la mano, a capire qualche parola, a scambiare quattro chiacchiere con la famiglia, matura anche il desiderio di voler rendere il paese dove ci si trova la nostra nuova casa. Non per 11 mesi, ma per sempre.